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Pubblicato il
10/05/2023
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IPOTECA GIUDIZIALE PER UN VALORE ECCEDENTE IL CREDITO VANTATO – Cass. – Civ. Sez. 39441/21

Pubblicato il
10/05/2023

Cass-Civ-39441-2021

La Corte di Cassazione si è pronunciata riguardo il delicato, quanto discusso, argomento della responsabilità del creditore che avesse fatto gravare sui cespiti del debitore ipoteca giudiziale per un valore eccedente il credito vantato, valutando che il primo è chiamato a rispondere dei danni ingiusti cagionati, ribaltando e dando fine all’orientamento giuridico che invece avallava fino ad oggi la tesi opposta.

Il caso si presenta a seguito di uno scoperto del conto corrente ordinario detenuto da una società, provvista di garante tramite fideiussione, presso una determinata banca, la quale, dopo aver fatto domanda e ottenuto l’iscrizione di ipoteca giudiziale, chiedeva per vie legali di onorare il debito.

Dalla sentenza del Tribunale di Arezzo si è proseguiti al secondo livello di giudizio per approdare, infine, al più alto grado presso la Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi circa la legittimità e corretta interpretazione delle leggi, interposte dalla Corte d’Appello di Firenze come motivo di rigetto della domanda del debitore affinché, in luogo dell’eccessivo e spropositato valore ipotecario rispetto al debito, non solo fosse ridimensionato ma fossero riconosciuti i consistenti danni su questo gravanti, palesati dal danno d’immagine verso gli istituti bancari e l’impossibilità  di continuare la propria attività professionale per l’ipoteca pendente sull’intero compendio immobiliare posseduto, che ha prodotto con effetto domino altre iscrizioni da parte di altri istituti a causa della diminuizione delle garanzie fornite per altri finanziamenti.

Di fatto, i giudici di legittimità, smantellano pezzo dopo pezzo le ragioni dei giudici di merito, rinviando a questi le linee guida sulle quali dovrebbe basarsi il corretto giudizio, in accordo con le leggi in vigore e la volontà del legislatore.

Il punto focale del diverbio, verte sulla corretta interpretazione del dispositivo giuridico schierato dalla Corte d’Appello che sembrerebbe, da questa, essere stato completamente ed inspiegabilmente interpretato in modo contrario a quello giusto.

Essa infatti sostiene che:

  1. La legge non si esprime riguardo la responsabilità per “atto illecito” di colui che iscriva ipoteca giudiziale in maniera esuberante e tale fatto non ne implica automaticamente il consenso poiché questo deve essere inequivocabilmente dichiarato in maniera esplicita dal sistema delle leggi in vigore.
  2. È riconosciuto al creditore il diritto di estendere l’ipoteca anche oltre il fine della garanzia (artt. 2740, 2828, 2877, 1948, 1986, 2028)
  3. Il debitore ha l’obbligo di adempiere con tutti i suoi beni presenti e futuri
  4. Il creditore ha ampia facoltà di cautelarsi mediante l’ipoteca giudiziale su qualunque dei beni immobili appartenenti al debitore
  5. L’onere delle spese della riduzione ipotecaria è sempre a carico del debitore in caso di eccedenza del valore dei beni rispetto al credito vantato (Cass. 3/11/1961 n. 2548, Cass. 24/7/1926 n.2632).

Orbene, in primo luogo viene fatto notare che le ragioni presentate dalla difesa del garante non sono state prese in considerazione poiché erroneamente considerate ininfluenti al fine della decisione ultima sulla questione, quando invero esse nel loro insieme manifestano tutta la loro pertinenza difensiva anche per quanto riguarda l’accettazione del ricorso in Cassazione: artt 1225, 1227, 2043, 2056, 2697 del Codice Civile e artt. 96, 360 del Codice di Procedura Civile.

Dibatte quindi, punto per punto le motivazioni dei giudici di merito contestando quanto segue:

a.1/e.1) Se da un lato è pur vero che gli articoli menzionati non fanno riferimento allo “specifico” (species), è altrettanto vero che la responsabilità processuale si ravvisa in termini “generali” (genus) così come risulta dagli artt. 2043 sull’illecito aquiliano e 2877 c.c. che pone le spese accessorie a carico del richiedente la riduzione ipotecaria, a meno che, la riduzione abbia luogo per eccesso nella determinazione del credito fatta dal creditore, nel qual caso sono a carico di quest’ultimo.

Inoltre, si osserva che secondo lo stesso art. 96 c.p.c., se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice la condanna oltre che alle spese, al risarcimento dei danni.

b.1/c.1) osservando la natura prettamente accessoria delle spese di riduzione dell’ipoteca rispetto ai crediti vantati ne consegue che non si possa ignorare la necessaria correlazione tra credito, importo iscritto e valore dei beni, invitando conseguentemente a procedere all’iscrizione ipotecaria con la cautela riconosciuta dalla stessa sentenza Cass. 5/4/2016 n. 6533 (È abuso del diritto iscrivere l’ipoteca sui beni del debitore per un valore che supera di un terzo il credito), dall’art 2874 c.c. e 2875 c.c. (si deve ridurre l’ipoteca se la somma determinata dal creditore nell’iscrizione ecceda di un quinto quella che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta).

Tali sentenze e articoli danno quindi anche una dimensione quantitativa riguardo i limiti del valore ipotecario da iscrivere, non potendosi così configurare nel caso concreto la buona fede o almeno quel comportamento improntato alla prudenza e alla diligenza da parte del creditore che proceda con esuberante iscrizione (art. 1175 c.c.).

d.1) Se dunque è vero che il creditore ha ampia facoltà di cautelarsi mediante l’ipoteca giudiziale su qualunque dei beni immobili appartenenti al debitore, è anche vero che l’iscrizione non può avere in oggetto beni che superino la dimensione quantitativa stabilita secondo legge. Il creditore ha pertanto l’onere di ragguagliarsi circa il valore di mercato dei beni da iscrivere ad ipoteca laddove da tale mancanza si potrebbe raffigurare il danno cagionato per mala fede o imprudenza.

Tale è la differenza tra il valore d’iscrizione nel caso concreto (€30.000.000) e il credito vantato (€110.000) da potersi configurare la responsabilità da illecito processuale per aver abusato del diritto di agire o resistere in giudizio (regolamentato dalla recente norma generale per “lite temeraria” e sentenza Cass. 5/4/2016 n. 6533).

Configurata la responsabilità da illecito processuale, la Suprema Corte fornisce delle indicazioni riguardo l’accertamento e la quantificazione del danno subito dal debitore.

A tal proposito evoca la passata sentenza Cass. 20/11/2018 n. 29829 secondo la quale il danno deve essere risarcibile a prescindere dalla prova, in quanto, deve essere desunto dalla ragionevole maggiore probabilità che questo si sia concretizzato rispetto alla probabilità contraria (regola del “più probabile che non”).

Finisce col dare indicazioni riguardo l’entità del danno per “perdita di chances” che deve essere stabilita in via equitativa (Cass. 9/3/2018 n. 5641).

In definitiva, un abuso dello strumento d’impugnazione per iscrizione d’ipoteca giudiziale spropositato rispetto al credito vantato, non solo dà diritto al debitore di chiedere il risarcimento dei danni subiti ma non ha nemmeno l’incombenza di doverli provare né di dover provare l’entità dal punto di vista quantitativo monetario. Le spese accessorie per la domanda di ridimensionamento del valore ipotecario iscritto, inoltre, restano a carico del creditore.

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