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Autore

Avv. Prof. Roberto Cacioni


Responsabilità dell’Amministratore

Il Condominio ha convenuto in giudizio l’amministratore uscente per i seguenti motivi:

  • ammanco pari ad € 10.870,71, per il quale l’amm.re uscente non avrebbe fornito documentazione di spesa;
  • non aver reso edotto i condomini di aver ricevuto notifiche di atti giudiziari nei confronti del condominio;
  • non aver proposto opposizione a un decreto ingiuntivo.

la questione è stata affrontata dall’Ill.mo Giudice Dott. Lorenzo Pontecorvo – Sezione V^ del Tribunale di Roma il quale per i motivi richiamati nella sentenza allegata ha rigettato le domande proposte dal Condominio condannandolo alla refusione della consulenza tecnica e delle spese legali.

scarica il PDF della Sentenza-N.R.2022-2170 – Tribunale di Roma – Giudice Lorenzo Pontecorvo

 

 

ALCUNI CONSIGLI PER VIVERE IN ARMONIA IN CONDOMINIO

Vivere in un condominio può essere una bella esperienza, ma richiede un certo livello di responsabilità e rispetto per gli altri. Ecco alcuni consigli per mantenere una corretta ed armoniosa vita condominiale:

  1. Rispettare le regole: ogni condominio ha il proprio insieme di regole e regolamenti che devono essere seguiti da tutti i residenti. È importante leggere e comprendere queste regole per evitare incomprensioni o conflitti.
  2. Comunica in modo efficace: la comunicazione è la chiave per mantenere un buon rapporto con i tuoi vicini. In caso di dubbi o problemi, è importante affrontarli in modo rispettoso e tempestivo.
  3. Mantenere pulite le aree comuni: le aree comuni come corridoi, ascensori e parcheggi devono essere mantenute pulite e prive di disordine. È responsabilità di tutti mantenere queste aree.
  4. Prestare attenzione ai livelli di rumore: il rumore può essere una delle principali fonti di conflitto in un condominio. Sii consapevole dei tuoi livelli di rumore, specialmente durante le ore tranquille, e cerca di essere rispettoso dei tuoi vicini.
  5. Paga le quote in tempo: i condomini richiedono ai residenti di pagare quote mensili per coprire i costi di manutenzione e riparazione. È importante pagare queste quote in tempo per evitare problemi legali.
  6. Seguire i protocolli di sicurezza: la sicurezza dovrebbe essere sempre una priorità assoluta in un condominio. Segui i protocolli di sicurezza come indossare maschere, allontanamento sociale e segnalare eventuali rischi per la sicurezza alle autorità competenti.

Seguendo questi suggerimenti, puoi aiutare a mantenere un ambiente di vita armonioso e rispettoso nel tuo condominio. Ricorda che ognuno ha un ruolo da svolgere nella creazione di una comunità positiva, quindi sii consapevole delle tue azioni e cerca sempre di essere un buon vicino.

GESTIONE CONDOMINIALE EFFICACE: CONSIGLI PER UNA CONVIVENZA ARMONIOSA

Introduzione: Un condominio è un microcosmo in cui diverse famiglie e individui condividono uno spazio comune. Per garantire una convivenza armoniosa e una gestione efficiente, è fondamentale stabilire una solida base di comunicazione e collaborazione. In questo articolo, esploreremo alcuni consigli pratici per una gestione condominiale efficace, che promuova la coesione e il benessere di tutti i residenti.

  1. Comunicazione aperta e trasparente: La comunicazione è la chiave per una gestione condominiale efficace. È importante stabilire canali di comunicazione aperti e trasparenti tra i residenti e l’amministratore di condominio. Creare un gruppo di messaggistica o un forum online può favorire lo scambio di informazioni e permettere a tutti di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano la comunità condominiale.
  2. Assemblee periodiche: Le assemblee condominiali sono momenti cruciali per discutere questioni importanti e prendere decisioni collettive. È consigliabile organizzare incontri periodici, in cui i residenti possano esprimere le proprie opinioni, porre domande e proporre idee. Coinvolgere tutti i condomini nell’elaborazione delle politiche condominiali contribuisce a creare un senso di appartenenza e responsabilità condivisa.
  3. Regolamento condominiale chiaro e condiviso: Un regolamento condominiale ben definito è essenziale per stabilire le norme di convivenza e risolvere eventuali conflitti. È importante redigere un regolamento che sia chiaro, equo e condiviso da tutti i condomini. Il regolamento dovrebbe affrontare questioni come l’uso delle aree comuni, il rumore, le spese condominiali e le regole per gli animali domestici. Un regolamento condiviso riduce le ambiguità e favorisce un ambiente armonioso all’interno del condominio.
  4. Manutenzione preventiva: Una gestione condominiale efficace richiede una corretta manutenzione preventiva delle aree comuni e delle infrastrutture condominiali. Pianificare regolarmente ispezioni e manutenzioni periodiche può prevenire inconvenienti e costi aggiuntivi a lungo termine. Inoltre, incoraggiare i condomini a segnalare tempestivamente eventuali problemi o danni contribuisce a mantenere il condominio in buono stato.
  5. Rispetto reciproco e buone pratiche di convivenza: La convivenza pacifica dipende anche dal rispetto reciproco tra i condomini. Incoraggiare comportamenti rispettosi, come ridurre il rumore negli orari notturni, rispettare gli spazi comuni e tenere pulite le aree comuni, promuove un ambiente armonioso per tutti i residenti. In caso di divergenze o conflitti, è importante cercare una soluzione pacifica e mediare, se necessario, per evitare tensioni e risentimenti.

Conclusioni: Una gestione condominiale efficace richiede impegno e collaborazione da tutti i partecipanti.

LA DETERMINAZIONE DEL MOMENTO IN CUI SORGE L’OBBLIGO DI CONTRIBUZIONE ALLE SPESE CONDOMINIALI: I DIVERSI ORIENTAMENTI DELLA CASSAZIONE CIRCA IL SOGGETTO TENUTO AL PAGAMENTO (CONDÒMINO ALIENANTE O CONDÒMINO ACQUIRENTE)

Cassazione-2-maggio-2013-n.-10235

La questione più rilevante concerne la determinazione del momento in cui sorge l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali in tutti quei casi in cui vi sia un differimento temporale tra l’assunzione della delibera di spesa da parte dell’assemblea e la data in cui la stessa, di fatto, è sostenuta.

Tale determinazione incide infatti sulla individuazione del soggetto tenuto al pagamento di tale spesa tutte le volte in cui nell’indicato arco temporale avvenga il trasferimento della proprietà dell’unità immobiliare in condominio: in parole povere ne risponde il condòmino alienante o il condòmino acquirente?

La fattispecie che con maggior frequenza è sottoposta all’esame dei giudici riguarda l’imputazione delle ingenti spese di restauro (o di rifacimento) della facciata dell’edificio, la cui assunzione è preventivamente deliberata dall’assemblea dei condòmini, ma il cui effettivo esborso si verifica a notevole distanza di tempo, talvolta anche di molti mesi, dalla data della delibera.

Preliminarmente è bene ricordare che, nel contratto di alienazione dell’unità immobiliare in condominio, alienante e acquirente possono liberamente convenire su quale dei due contraenti sia destinato a ricadere l’obbligo delle spese condominiali deliberate ma non ancora sostenute, ma che tali patti, efficaci nei loro rapporti interni, sono inopponibili al condominio.

In mancanza, invece, di una specifica pattuizione tra le parti, la dottrina ha proposto diverse e contrastanti soluzioni e anche la giurisprudenza della Cassazione non ha espresso al riguardo un indirizzo univoco. Schematizzando può dirsi che le sentenze del Supremo Collegio in materia possono ricondursi a tre distinti orientamenti.

Il primo e più risalente indirizzo ritiene che l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali sorga al momento dell’assunzione della delibera dell’assemblea condominiale che approva la spesa.

Nell’ambito delle decisioni che si inquadrano in questo filone si è anche precisato che non è strettamente necessaria una ulteriore e successiva delibera dell’assemblea che in concreto ripartisca la spesa tra i vari condòmini perché essa serve certamente a rendere liquido un debito preesistente ma potrebbe anche non essere adottata in quanto sulla base delle tabelle millesimali si possono agevolmente determinare le somme dovute dai singoli condòmini (rispetto all’importo complessivo della spesa a suo tempo deliberata) mediante una semplice operazione aritmetica.

Dunque, secondo questo indirizzo, obbligato al pagamento delle spese condominiali è il proprietario dell’unità immobiliare al momento dell’assunzione della delibera di approvazione della spesa.

Un secondo filone, invece, reputa decisivo il momento della concreta attua- zione dell’attività comportante la spesa, piuttosto che quello della preventiva approvazione da parte dell’assemblea, in quanto sostiene che la delibera assem- bleare rileva su un altro piano, ossia ha una funzione meramente autorizzativa del compimento della relativa attività di gestione da parte dell’amministratore.

Secondo questa prospettiva, dunque, obbligato al pagamento delle spese è colui che è proprietario dell’unità immobiliare nel momento in cui vengono eseguiti i lavori.

Infine, a partire dal 2010, i giudici di legittimità hanno proposto una terza e più articolata soluzione che si fonda sulla “diversa origine della spesa alla quale il condòmino è tenuto a contribuire”.

Quest’ultimo orientamento si basa su una ricostruzione sistematica della di- sciplina legislativa in materia di condominio per quanto concerne la ripartizione dei poteri tra amministratore e assemblea in tema di spese condominiali.

In sostanza, secondo la semplificazione che si legge nella sentenza della Cassazione n. 10235/2013, può trattarsi di: a) “spese necessarie relative alla manutenzione ordinaria”;  b) “spese attinenti ad interventi comportanti innovazioni o, comunque, di straordinaria manutenzione”26.

In relazione alle prime la nascita dell’obbligazione coincide con il compimento effettivo dell’attività che comporta la spesa.

L’obbligo del condòmino – sostiene la Cassazione nella sentenza che ha inaugurato l’orientamento in esame – sorge ex lege non appena è compiuto l’intervento che genera la spesa, in quanto tale intervento è effettuato nell’interesse della collettività dei condòmini in base ad una valutazione dell’amministratore del condominio, che è l’organo cui spetta per legge il relativo potere, posto che tra le sue attribuzioni vi è appunto quella di “erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni”, come testualmente stabilisce l’art. 1130, primo comma, n. 3), c.c.

In relazione, invece, alle spese concernenti interventi comportanti innovazioni o, comunque, di straordinaria manutenzione, la delibera assembleare ha valore costitutivo dell’obbligazione, poiché è rimesso all’assemblea dei condòmini valutare sia la necessità della spesa sia di determinarne i limiti qualitativi e quantitativi.

Ne consegue, dunque, che in questi casi è obbligato al pagamento il proprietario dell’unità immobiliare in condominio al momento dell’adozione della delibera.

Quanto alle caratteristiche di tale atto collegiale, la Cassazione ha chiarito che deve trattarsi non di una determinazione meramente programmatica o interlocutoria, nella quale l’assemblea manifesti soltanto una generica volontà in merito all’esecuzione di determinati lavori di manutenzione straordinaria, ma di una delibera in cui la stessa effettivamente si determini a commissionare i lavori in questione individuandone l’entità e la natura nonché le conseguenti spese; e, di recente, in modo ancor più netto, la Suprema Corte ha stabilito che la delibera in esame “deve in ogni caso determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta” o le opere da compiersi e il corrispettivo dei lavori.

 

Cassazione-2-maggio-2013-n.-10235

IPOTECA GIUDIZIALE PER UN VALORE ECCEDENTE IL CREDITO VANTATO – Cass. – Civ. Sez. 39441/21

Cass-Civ-39441-2021

La Corte di Cassazione si è pronunciata riguardo il delicato, quanto discusso, argomento della responsabilità del creditore che avesse fatto gravare sui cespiti del debitore ipoteca giudiziale per un valore eccedente il credito vantato, valutando che il primo è chiamato a rispondere dei danni ingiusti cagionati, ribaltando e dando fine all’orientamento giuridico che invece avallava fino ad oggi la tesi opposta.

Il caso si presenta a seguito di uno scoperto del conto corrente ordinario detenuto da una società, provvista di garante tramite fideiussione, presso una determinata banca, la quale, dopo aver fatto domanda e ottenuto l’iscrizione di ipoteca giudiziale, chiedeva per vie legali di onorare il debito.

Dalla sentenza del Tribunale di Arezzo si è proseguiti al secondo livello di giudizio per approdare, infine, al più alto grado presso la Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi circa la legittimità e corretta interpretazione delle leggi, interposte dalla Corte d’Appello di Firenze come motivo di rigetto della domanda del debitore affinché, in luogo dell’eccessivo e spropositato valore ipotecario rispetto al debito, non solo fosse ridimensionato ma fossero riconosciuti i consistenti danni su questo gravanti, palesati dal danno d’immagine verso gli istituti bancari e l’impossibilità  di continuare la propria attività professionale per l’ipoteca pendente sull’intero compendio immobiliare posseduto, che ha prodotto con effetto domino altre iscrizioni da parte di altri istituti a causa della diminuizione delle garanzie fornite per altri finanziamenti.

Di fatto, i giudici di legittimità, smantellano pezzo dopo pezzo le ragioni dei giudici di merito, rinviando a questi le linee guida sulle quali dovrebbe basarsi il corretto giudizio, in accordo con le leggi in vigore e la volontà del legislatore.

Il punto focale del diverbio, verte sulla corretta interpretazione del dispositivo giuridico schierato dalla Corte d’Appello che sembrerebbe, da questa, essere stato completamente ed inspiegabilmente interpretato in modo contrario a quello giusto.

Essa infatti sostiene che:

  1. La legge non si esprime riguardo la responsabilità per “atto illecito” di colui che iscriva ipoteca giudiziale in maniera esuberante e tale fatto non ne implica automaticamente il consenso poiché questo deve essere inequivocabilmente dichiarato in maniera esplicita dal sistema delle leggi in vigore.
  2. È riconosciuto al creditore il diritto di estendere l’ipoteca anche oltre il fine della garanzia (artt. 2740, 2828, 2877, 1948, 1986, 2028)
  3. Il debitore ha l’obbligo di adempiere con tutti i suoi beni presenti e futuri
  4. Il creditore ha ampia facoltà di cautelarsi mediante l’ipoteca giudiziale su qualunque dei beni immobili appartenenti al debitore
  5. L’onere delle spese della riduzione ipotecaria è sempre a carico del debitore in caso di eccedenza del valore dei beni rispetto al credito vantato (Cass. 3/11/1961 n. 2548, Cass. 24/7/1926 n.2632).

Orbene, in primo luogo viene fatto notare che le ragioni presentate dalla difesa del garante non sono state prese in considerazione poiché erroneamente considerate ininfluenti al fine della decisione ultima sulla questione, quando invero esse nel loro insieme manifestano tutta la loro pertinenza difensiva anche per quanto riguarda l’accettazione del ricorso in Cassazione: artt 1225, 1227, 2043, 2056, 2697 del Codice Civile e artt. 96, 360 del Codice di Procedura Civile.

Dibatte quindi, punto per punto le motivazioni dei giudici di merito contestando quanto segue:

a.1/e.1) Se da un lato è pur vero che gli articoli menzionati non fanno riferimento allo “specifico” (species), è altrettanto vero che la responsabilità processuale si ravvisa in termini “generali” (genus) così come risulta dagli artt. 2043 sull’illecito aquiliano e 2877 c.c. che pone le spese accessorie a carico del richiedente la riduzione ipotecaria, a meno che, la riduzione abbia luogo per eccesso nella determinazione del credito fatta dal creditore, nel qual caso sono a carico di quest’ultimo.

Inoltre, si osserva che secondo lo stesso art. 96 c.p.c., se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice la condanna oltre che alle spese, al risarcimento dei danni.

b.1/c.1) osservando la natura prettamente accessoria delle spese di riduzione dell’ipoteca rispetto ai crediti vantati ne consegue che non si possa ignorare la necessaria correlazione tra credito, importo iscritto e valore dei beni, invitando conseguentemente a procedere all’iscrizione ipotecaria con la cautela riconosciuta dalla stessa sentenza Cass. 5/4/2016 n. 6533 (È abuso del diritto iscrivere l’ipoteca sui beni del debitore per un valore che supera di un terzo il credito), dall’art 2874 c.c. e 2875 c.c. (si deve ridurre l’ipoteca se la somma determinata dal creditore nell’iscrizione ecceda di un quinto quella che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta).

Tali sentenze e articoli danno quindi anche una dimensione quantitativa riguardo i limiti del valore ipotecario da iscrivere, non potendosi così configurare nel caso concreto la buona fede o almeno quel comportamento improntato alla prudenza e alla diligenza da parte del creditore che proceda con esuberante iscrizione (art. 1175 c.c.).

d.1) Se dunque è vero che il creditore ha ampia facoltà di cautelarsi mediante l’ipoteca giudiziale su qualunque dei beni immobili appartenenti al debitore, è anche vero che l’iscrizione non può avere in oggetto beni che superino la dimensione quantitativa stabilita secondo legge. Il creditore ha pertanto l’onere di ragguagliarsi circa il valore di mercato dei beni da iscrivere ad ipoteca laddove da tale mancanza si potrebbe raffigurare il danno cagionato per mala fede o imprudenza.

Tale è la differenza tra il valore d’iscrizione nel caso concreto (€30.000.000) e il credito vantato (€110.000) da potersi configurare la responsabilità da illecito processuale per aver abusato del diritto di agire o resistere in giudizio (regolamentato dalla recente norma generale per “lite temeraria” e sentenza Cass. 5/4/2016 n. 6533).

Configurata la responsabilità da illecito processuale, la Suprema Corte fornisce delle indicazioni riguardo l’accertamento e la quantificazione del danno subito dal debitore.

A tal proposito evoca la passata sentenza Cass. 20/11/2018 n. 29829 secondo la quale il danno deve essere risarcibile a prescindere dalla prova, in quanto, deve essere desunto dalla ragionevole maggiore probabilità che questo si sia concretizzato rispetto alla probabilità contraria (regola del “più probabile che non”).

Finisce col dare indicazioni riguardo l’entità del danno per “perdita di chances” che deve essere stabilita in via equitativa (Cass. 9/3/2018 n. 5641).

In definitiva, un abuso dello strumento d’impugnazione per iscrizione d’ipoteca giudiziale spropositato rispetto al credito vantato, non solo dà diritto al debitore di chiedere il risarcimento dei danni subiti ma non ha nemmeno l’incombenza di doverli provare né di dover provare l’entità dal punto di vista quantitativo monetario. Le spese accessorie per la domanda di ridimensionamento del valore ipotecario iscritto, inoltre, restano a carico del creditore.

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