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Autore

Avv. Prof. Roberto Cacioni


IL SINGOLO CONDOMINO NON PUÒ OPPORSI AL DECRETO INGIUNTIVO EMESSO CONTRO IL CONDOMINIO

Riferimenti normativi: artt. 1117 e 1131 cod. civ. e degli artt. 100, 645, 650 e 647 cod. proc. civ.

Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione 7053/2024 – Cassazione 94424/2018; Cassazione 22284/2010; Cassazione Sezioni unite 23022/2005; Cassazione 16069/2004; Cassazione 15567/2018

Nota a Sentenza: Avv. Prof. Roberto Cacioni

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Il singolo condòmino non può proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio per debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni. La legittimazione spetta solo all’amministratore. Il principio è stato ribadito dalla Corte di cassazione con la sentenza 7053 del 15 marzo 2024.

 

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione una condòmina propose opposizione a decreto che intimava al Condominio il pagamento di una somma a titolo di prezzo per l’esecuzione di lavori dati in appalto. L’atto di opposizione fu notificato alla società ingiungente, al Condominio e ai condòmini. Il Tribunale rigettò nel merito l’opposizione.

Interposto gravame, la Corte di appello di Salerno dichiarò il difetto di legittimazione della attrice alla domanda, affermando che il decreto ingiuntivo era stato emesso nei confronti del condominio, il quale era l’unico legittimato ad opporvisi e che        ai singoli condomini può essere riconosciuta una legittimazione processuale autonoma soltanto nelle controversie in materia di diritti reali concernenti le parti comuni dell’edificio condominiale. Annullò quindi la decisione impugnata e opposizione.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso, denunziando nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1131 cod. civ. e degli artt. 100, 645 e 647 cod. proc. civ., assume l’erroneità della decisione impugnata per contrasto con i principi e le norme che reggono il condominio e ne disciplinano l’attività, in forza dei quali, si sostiene, la presenza dell’amministratore non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a tutela dei propri diritti, sicché essi non possono considerarsi terzi rispetto a pretese vantate nei confronti del condominio. Ne discende, ad avviso del ricorso, che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, ciascun condomino è legittimato ad impugnare personalmente il provvedimento ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, tanto più nell’inerzia di quest’ultimo.

Il motivo non è fondato.

Questa Corte ha invero precisato che i singoli condomini non sono legittimati a proporre opposizione al decreto ingiuntivo     emesso nei confronti del condominio (Cass. n. 15567 del 2018).

A fondamento dell’esclusione sta la considerazione, fatta propria in più occasioni dalla giurisprudenza, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo oggetto della domanda è un credito vantato dall’ingiungente nei confronti dell’ingiunto, con la conseguenza che, dal punto soggettivo, le parti del processo possono essere esclusivamente colui che ha proposto la domanda e colui contro cui tale domanda è diretta (Cass. n. 94424 del 2018; Cass. n. 22284 del 2010; Cass. Sez. un. n. 23022 del 2005; Cass. n. 16069 del 2004).

Questa regola non trova eccezione con riguardo al condominio.

Nel caso di specie risulta dagli atti di causa che il credito vantato in via monitoria dal terzo riguardava somme per l’esecuzione di lavori sulle parti comuni dell’edificio, in forza, deve presumersi, in mancanza di indicazioni contrarie, di una regolare delibera da parte dell’assemblea condominiale e di un contratto di appalto concluso dall’amministratore. La posizione debitoria del condominio vantata in via monitoria atteneva pertanto a spese per la manutenzione di beni comuni, assunte nell’interesse dei condomini. Ferma      in tal caso la legittimazione dell’amministratore, ai sensi dell’art. 1131 cod. civ., ad agire ed essere convenuto in giudizio in dipendenza del rapporto contrattuale intrattenuto dal condominio con il terzo, la questione se in tale evenienza possa essere riconosciuta una legittimazione autonoma, concorrente o sostitutiva, dei singoli condomini va risolta in senso negativo.

La giurisprudenza di questa Corte è ormai orientata nel senso che, nelle controversie condominiali, la legittimazione ad agire può essere riconosciuta ai singoli condomini solo nel caso in cui la lite investa il diritto degli stessi sulle parti comuni dell’edificio, nei cui confronti il condomino vanta la posizione di comproprietario pro quota e quindi è titolare di una autonoma situazione giuridica soggettiva distinta dal condominio, inteso come soggetto unitario, e dagli altri partecipanti (Cass. S.U. n. 10934 del 2019; Cass. n. 22116 del 2023)

Viceversa, quando la controversia non ha ad oggetto la tutela o l’esercizio di diritti reali su parti o servizi comuni, ma posizioni di natura obbligatoria volte a soddisfare esigenze comuni della collettività condominiale, la legittimazione spetta al solo amministratore, potendo il singolo condomino svolgere intervento adesivo dipendente, ma non anche proporre impugnazione avverso la sentenza che abbia visto il condominio soccombente. In particolare, pronunce di questa Corte negano la legittimazione concorrente del singolo condominio ad impugnare la sentenza di accoglimento di una impugnazione di delibera dell’assemblea condominiale proposta da altro condomino, in giudizi quindi che vedono contrapposto il condomino che agisce ai sensi dell’art. 1137 cod. civ. ed il condominio e, per esso, il suo amministratore (Cass. n. 360 del 2024; Cass. n. 29748 del 2017; Cass. n. 19223 del 2011).

Si è posta tuttavia la questione se la controversia avente ad oggetto l’opposizione ad un decreto ingiuntivo emesso a tutela del credito vantato da un terzo nei confronti del condominio abbia peculiarità tali da poter giustificare un approdo diverso, riconoscendo al singolo condomino il potere di agire in via autonoma, sostituendosi al condominio che tale opposizione non abbia proposto. Si è prospettato al riguardo che l’interesse diretto ed immediato del condomino discenderebbe dal fatto che il decreto ingiuntivo non opposto ottenuto nei confronti del condominio acquista natura di titolo esecutivo pro quota nei confronti del singolo condomino.

Su questo terreno va registrato che con un recente arresto questa Corte ha riconosciuto al condomino al quale sia intimato il pagamento di una somma di danaro in base ad un decreto ingiuntivo non opposto ottenuto nei confronti del condominio, la disponibilità dei rimedi dell’opposizione a precetto e dell’opposizione tardiva al decreto (Cass. n. 5811 del 2022). È stato tuttavia successivamente precisato che tale riconoscimento non può equivalere ad ammettere la legittimazione autonoma del singolo condomino a proporre impugnazione avverso la sentenza di condanna pronunciata nei confronti del condominio per un debito dello stesso, essendo essa dichiarativa del solo fatto costitutivo dell’obbligazione dell’intera somma, senza fare stato sulla ripartizione tra i singoli condomini degli oneri da essa derivanti, con l’effetto che il singolo condomino non può far valere un autonomo interesse ad accertare l’insussistenza del proprio debito parziale, avendo rispetto alla pronuncia di condanna unicamente un interesse adesivo a quello collettivo riferibile alla gestione del condominio e indistintamente rappresentato dall’amministratore (Cass. n. 20282 del 2023).

Nel dare atto di tali pronunciamenti e delle questioni sollevate, il Collegio ritiene di dover confermare il principio che il singolo condomino non ha autonoma legittimazione a proporre opposizione a decreto ingiuntivo emesso a carico del condominio per i debiti derivanti dalla gestione dei beni comuni, spettando essa unicamente all’amministratore.

Depone in questo senso la già enunciata considerazione che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo trova le sue parti necessarie nel creditore che agisce nella fase monitoria e nel destinatario dell’ingiunzione di pagamento.

Né orienta in senso diverso l’osservazione che la mancata opposizione del decreto ingiuntivo da parte dell’amministratore di condominio, rendendo definitiva la pretesa creditoria azionata in via monitoria, determina ripercussioni negative sulla situazione patrimoniale degli altri condomini, esponendoli, in caso di mancato pagamento dell’ente, all’azione esecutiva per il loro debito pro quota. Questi effetti sono infatti insiti nella scelta normativa di conferire al condominio una soggettività giuridica distinta dai singoli condomini attribuendo all’amministratore la rappresentanza unitaria dei suoi partecipanti. Deve pertanto ribadirsi la soluzione che limita l’iniziativa autonoma dei condomini nei soli casi in cui essi facciano valere un diritto proprio ed autonomo, distinto da quello del condominio, come nel caso in cui la controversia incida sul loro diritto reale sui beni e servizi comuni.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle in favore del controricorrente

scarica la sentenza: Cassazione 7053_2024_

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CONSEGNA DELL’ELENCO DEI CONDOMINI MOROSI AL CREDITORE CONDOMINIALE

Riferimenti normativi: art. 63 disp att c.c. – art. 614 bis cpc – L. 220/2012 – art. 702 bis cpc – art. 281 decies cpc – art. 2 della Costituzione Italiana

Riferimenti giurisprudenziali: Accoglimento totale RG n. 24899/2022 Ill.mo Giudice Simone Tablò Tribunale di Roma – Sezione V^ civile

Nota a Sentenza: Avv. Prof. Roberto Cacioni

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parliamo della responsabilità in capo all’amministratore di Condominio di comunicare l’elenco dei condomini morosi ai creditori che ne facciano richiesta.

Il comma 2 dell’art. 63 disp att cc prevede “… i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini ….

 

Nell caso di oggi il ricorrente ha depositato presso il Tribunale di Roma ricorso ex art. 702 bis cpc chiedendo la condanna del condominio resistente alla consegna, in proprio favore, ai sensi dell’art.63, I comma, ultima parte, disp. att. c.c., dell’elenco dei nominativi dei condòmini morosi nel pagamento dei contributi condominiali, al fine di consentire alla ricorrente medesima di porre in esecuzione il decreto ingiuntivo, con il quale il Tribunale di Roma ha condannato il condominio resistente al pagamento in favore della ricorrente delle somme in esso indicate.

L’istante ha altresì chiesto la condanna di parte resistente al pagamento di una somma per l’eventuale ritardo nell’esecuzione del provvedimento di condanna, ai sensi dell’art.614 bis c.p.c., in misura di euro 250,00.= – od altro importo ritenuto di giustizia – per ogni giorno di ritardo. A sostegno del ricorso, la ricorrente ha dimostrato di aver richiesto al Condominio l’elenco dei condomini morosi e che tale istanza era rimasta priva di riscontro.

Il Giudice dopo aver valutato la fondatezza del ricorso e dei documenti offerti a sostegno della domanda del creditore costituitosi con il patrocinio dell’Avv. Prof. Roberto Cacioni ha accolto la domanda condannando il Condominio in persona dell’amministratore pro-tempore, a:

– consegnare al creditore ricorrente, un elenco completo delle generalità complete dei condòmini morosi in relazione al credito individuato e delle quote di debito che sono singolarmente a loro carico, in ragione delle tabelle millesimali del suddetto condominio;

– condannato, ai sensi dell’art.614 bis c.p.c., il Condominio in persona dell’amministratore pro-tempore, al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di euro 30,00.= per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del presente provvedimento, a decorrere dal trentunesimo giorno successivo alla notifica dello stesso, fino alla data in cui detto provvedimento verrà eseguito e comunque per non oltre 200 giorni; – condannato, infine, il Condominio in persona dell’amministratore pro-tempore, al pagamento, in favore del difensore del creditore, Avvocato Professor Roberto Cacioni – dichiaratosi antistatario – delle spese di giudizio, oltre spese forfettarie, C.P.A. ed I.V.A.

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Ad avviso dello scrivente l’amministratore di condominio che disattende la consegna dell’elenco dei condomini morosi al creditore richiedente senza dispensa dell’assemblea deve risarcire l’ente di gestione.

Scarica: Accoglimento totale n cronol. 2382_2023 del 02_05_2023 Tribunale di Roma

RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRATORE CONDOMINIALE CHE NON SI ATTIVA PER IL RECUPERO DEI CREDITI CONDOMINIALI

Riferimenti normativi: art. 1130 c.c. – art. 63 disp att c.c. – L. 220/2012 – art. 1123 c.c.

Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione Civile Ord. Sez. 3 Num. 36277 Anno 2023 – Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO – Relatore: Moscarini Anna e Sentenza della Corte di Appello Milano n. 4815/2019 – depositata il 04/12/2019

Nota a Sentenza: Avv. Prof. Roberto Cacioni

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Nell caso di oggi parleremo della responsabilità in capo all’amministratore di Condominio che non si attiva per la riscossione dei crediti condominiali ai sensi dell’art. 1130 comma 3 c.c.

Dalla lettura della Sentenza n. 36277 pubblicata lo scorso 28 dicembre 2023 dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione, si può desume che l’amministratore di Condominio ha una responsabilità se non si attiva per il recupero degli oneri condominiali ove quest’ultimi non siano più possibile recuperarli.

Detto obbligo in capo all’Amministratore di Condominio era previsto anche prima dell’entrata in vigore della Legge 220/2012 sempre dettati degli artt. 1130, comma 1, n. 3, c.c. e 63 disp. att. cc.

Ad avviso dello scrivente il credito condominiale, anche se in parte, si poteva recuperare dall’avente causa del condòmino (società cancellata dal registro imprese) ai sensi dell’art. 63 comma 4 e 5 disp. att. c.c., ma rimane il fatto che l’Amministratore di Condominio deve attivarsi al recupero dei crediti condominiali facendo depositare da parte di un Avvocato un ricorso per decreto ingiuntivo presso le sedi di Giustizia competenti per valore.

 

Scarica: sentenza 36277_2023_responsabiltà dell Amministratore se non recupera gli oneri condominiali

NULLA LA DELIBERA SE NON SI CONVOVANO TUTTI GLI AVENTI DIRITTO

Riferimenti normativi: art. 1130 bis c.c. – art. 115 c.c. – art. 1137 c.c – art. 1136 c.c.- art. 100 c.p.c.

Riferimenti giurisprudenziali: Tribunale Civile di Roma Sentenza n. 12700/2023

Nota a Sentenza: Avv. Prof. Roberto Cacioni

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Nulla la delibera se non si convocano tutti gli aventi diritto.

Si riporta testualmente le motivazioni dell’ill.mo Giudice Dott. Giuseppe Colaluce

Nel merito la domanda attorea di annullamento ex art. 1137 c.c. è fondata e va accolta per la seguente assorbente ragione. Risulta dalla visura dell’Agenzia delle Entrate (all.1 della produzione attorea) che l’immobile era caduto in successione nel 2012 ed era stata effettuata voltura nel 2016 con indicazione di tutti gli accettanti l’eredità (tra cui anche l’attore, indicato, nel detto all.1, come proprietario per 5/72).

All’assemblea del 23/02/2018 dovevano dunque essere convocati tutti i comproprietari dell’immobile contraddistinto in NCEU di Roma al fg. 933, p.lla 482, sub. 23 in via Ciro Da Urbino n. 37 piano 6, interno 17, scala A. L’art. 1130 comma 6 c.c. stabilisce che “L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”; la novella del 2012 ha introdotto un preciso obbligo di legge a carico del legale rappresentante dell’ente collettivo di individuare presso i pubblici registri, in caso di mancata collaborazione, gli aventi diritto a partecipare alle assemblee
e di aggiornare l’anagrafe condominiale. L’art. 67 comma 2 disp. att. c.c. prevede, a sua volta, che “qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice”. Se ne deduce che, in tali casi, l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale va comunicato a ciascun comproprietario al fine di consentire a tutti i partecipanti alla comunione di esprimere la loro volontà circa l’individuazione del loro rappresentante, stabilendo al contempo i suoi poteri ed i suoi obblighi.

L’omessa convocazione da parte dell’amministratore del Condominio di un partecipante alla comunione, avente diritto di esprimere la propria preferenza circa la persona da delegare per l’assemblea condominiale e le direttive a cui attenersi, costituisce vizio procedimentale idoneo ad inficiare l’intera assemblea del Condominio, in quanto, a norma dell’art.1136 comma 6 c.c. “l’Assemblea non può deliberare se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati”. E fra gli “aventi diritto” ci sono senz’altro gli “interessati” a cui fa riferimento l’art. 67 comma 2 disp. att. c.c.;
Cass. 17294/2020 ha opportunamente ribadito che vi è “legittimazione di ciascun condomino a far valere sia i vizi che concernono la propria specifica posizione sia quelli che riguardano gli altri compartecipi” in ragione della “natura speciale dell’art. 1137, comma 1, cod civ. rispetto alla generale disposizione dell’art. 1441 cod. civ.”. D’altra parte anche la storica sentenza di Cass. SS.UU. n.4806/2005 aveva già in precedenza statuito che “Sono inficiate da un vizio di forma le deliberazioni quando l’assemblea decide senza l’osservanza delle forme procedimentali stabilite dalla legge per assicurare la partecipazione di tutti i condomini alla formazione della volontà collettiva per gestire le cose comuni”. Ciò perché una delibera condominiale non è un contratto, bensì un atto collegiale che si forma in assemblea nel rispetto
delle inderogabili regole enunciate dalle disposizioni imperative contenute nell’art.1136 c.c., ed in materia di azioni di annullamento a legittimazione tipizzata – come l’annullabilità delle deliberazioni del condominio, l’annullabilità delle deliberazioni consiliari, l’annullabilità delle deliberazioni della comunione, l’annullabilità delle deliberazioni dell’associazione, l’annullabilità delle deliberazioni di s.p.a. (oltre che l’annullabilità delle disposizioni testamentarie, l’annullabilità del matrimonio, l’annullabilità del testamento che pure presentano caratteristiche di ordine pubblico e sono state espressamente ricondotte dal legislatore al medesimo paradigma) – l’interesse di un condomino ad agire ex art. 1137 comma 2 c.c. per la rimozione di delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio si sostanzia nello stesso accertamento dei vizi di cui le medesime sono affette. Dal che ne deriva anche l’infondatezza dell’eccezione, svolta dal convenuto, di difetto di interesse ex art.100 c.p.c., essendo, in tali casi, sufficiente che la posizione giuridica soggettiva di chi agisce sia suscettibile di ricevere un concreto ed effettivo pregiudizio dal permanere dell’atto nel mondo del diritto e, per converso, un concreto ed effettivo vantaggio dalla sua caducazione. Il Condominio ha confessato nei suoi atti di non aver convocato l’attore; sul punto si è difeso in diritto sostenendo che non fosse necessaria la sua convocazione giacché “è onere dell’erede comunicare all’amministratore il decesso del condomino e l’accettazione dell’eredità, con assunzione in capo a sé dei diritti ed obblighi condominiali” (citando, all’uopo, Cass. 6926/2007). Tale massima tuttavia appare ormai superata dal chiaro disposto legislativo introdotto a seguito della novella del 2012. Aggiuntasi che l’onere della prova di aver convocato tutti gli aventi diritto grava su di esso Condominio, non potendosi addossare a chi deduca l’invalidità dell’assemblea la prova negativa dell’inosservanza di tale obbligo (ex plurimis Cass. 24132/2009). La confessione giudiziale resa sulla detta circostanza di fatto costituisce prova suprema, ex art. 2733 c.c., dell’irregolare costituzione dell’assemblea ed è – per ciò stesso – causa di illegittimità di tutte le delibere assunte nell’assemblea del 23/02/2018 (che vanno perciò annullate).

Scarica la Sentenza del: Tibunale Roma sentenza 12700_2023

NULLA LA DELIBERA CHE APPROVA LA RIPARTIZIONE DELL’ACQUA IN PARTI UGUALI

Riferimenti normativi: art. 1123 c.c.

Riferimenti giurisprudenziali: Tribunale Civile di Roma Sentenza n. 6163/2021 – Cassazione n. 17557/2014

Nota a Sentenza: Avv. Prof. Roberto Cacioni

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Nulla la delibera che approva la ripartizione dell’acqua in parti uguali

il Tribunale Civile di Roma in persona dell’Ill.mo Dott. Fabio De Palo si è occupato della modalità della ripartizione tra i singoli condomini del consumo dell’acqua relativa alla proprie immobili.

Il Giudice in questo caso specifico ha correttamente dichiarato nulla la delibera assembleare con la quale è stato adottato un criterio di riparto illegittimo per violazione del criterio legale di proporzionalità sancito nell’art. 1123, primo comma, cod. civ. e del conforme criterio convenzionale previsto del regolamento condominiale.

Modalità di ripartizione in assenza di strumenti tecnici 

La ripartizione delle spese dell’acqua in condominio avviene, in assenza di strumenti tecnici che calcolano il consumo dei singoli appartamenti, secondo millesimi. Questo significa che le spese relative all’acqua in condominio devono essere ripartite in base alle quote millesimali di proprietà, come stabilito dall’articolo 1123, comma 1, del Codice Civile.

La ripartizione delle spese dell’acqua in condominio può generare discussioni tra i condòmini. È fondamentale conoscere i criteri legali e le regole per ripartire correttamente queste spese e prevenire possibili conflitti. In questo articolo 1, troverai maggiori informazioni sui criteri legali e le regole per ripartire correttamente le spese dell’acqua in condominio.

Scarica la: Sentenza-N.R.2023-6163 Tribunale Civile di Roma

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