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Autore

Avv. Prof. Roberto Cacioni


LA DETERMINAZIONE DEL MOMENTO IN CUI SORGE L’OBBLIGO DI CONTRIBUZIONE ALLE SPESE CONDOMINIALI: I DIVERSI ORIENTAMENTI DELLA CASSAZIONE CIRCA IL SOGGETTO TENUTO AL PAGAMENTO (CONDÒMINO ALIENANTE O CONDÒMINO ACQUIRENTE)

Cassazione-2-maggio-2013-n.-10235

La questione più rilevante concerne la determinazione del momento in cui sorge l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali in tutti quei casi in cui vi sia un differimento temporale tra l’assunzione della delibera di spesa da parte dell’assemblea e la data in cui la stessa, di fatto, è sostenuta.

Tale determinazione incide infatti sulla individuazione del soggetto tenuto al pagamento di tale spesa tutte le volte in cui nell’indicato arco temporale avvenga il trasferimento della proprietà dell’unità immobiliare in condominio: in parole povere ne risponde il condòmino alienante o il condòmino acquirente?

La fattispecie che con maggior frequenza è sottoposta all’esame dei giudici riguarda l’imputazione delle ingenti spese di restauro (o di rifacimento) della facciata dell’edificio, la cui assunzione è preventivamente deliberata dall’assemblea dei condòmini, ma il cui effettivo esborso si verifica a notevole distanza di tempo, talvolta anche di molti mesi, dalla data della delibera.

Preliminarmente è bene ricordare che, nel contratto di alienazione dell’unità immobiliare in condominio, alienante e acquirente possono liberamente convenire su quale dei due contraenti sia destinato a ricadere l’obbligo delle spese condominiali deliberate ma non ancora sostenute, ma che tali patti, efficaci nei loro rapporti interni, sono inopponibili al condominio.

In mancanza, invece, di una specifica pattuizione tra le parti, la dottrina ha proposto diverse e contrastanti soluzioni e anche la giurisprudenza della Cassazione non ha espresso al riguardo un indirizzo univoco. Schematizzando può dirsi che le sentenze del Supremo Collegio in materia possono ricondursi a tre distinti orientamenti.

Il primo e più risalente indirizzo ritiene che l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali sorga al momento dell’assunzione della delibera dell’assemblea condominiale che approva la spesa.

Nell’ambito delle decisioni che si inquadrano in questo filone si è anche precisato che non è strettamente necessaria una ulteriore e successiva delibera dell’assemblea che in concreto ripartisca la spesa tra i vari condòmini perché essa serve certamente a rendere liquido un debito preesistente ma potrebbe anche non essere adottata in quanto sulla base delle tabelle millesimali si possono agevolmente determinare le somme dovute dai singoli condòmini (rispetto all’importo complessivo della spesa a suo tempo deliberata) mediante una semplice operazione aritmetica.

Dunque, secondo questo indirizzo, obbligato al pagamento delle spese condominiali è il proprietario dell’unità immobiliare al momento dell’assunzione della delibera di approvazione della spesa.

Un secondo filone, invece, reputa decisivo il momento della concreta attua- zione dell’attività comportante la spesa, piuttosto che quello della preventiva approvazione da parte dell’assemblea, in quanto sostiene che la delibera assem- bleare rileva su un altro piano, ossia ha una funzione meramente autorizzativa del compimento della relativa attività di gestione da parte dell’amministratore.

Secondo questa prospettiva, dunque, obbligato al pagamento delle spese è colui che è proprietario dell’unità immobiliare nel momento in cui vengono eseguiti i lavori.

Infine, a partire dal 2010, i giudici di legittimità hanno proposto una terza e più articolata soluzione che si fonda sulla “diversa origine della spesa alla quale il condòmino è tenuto a contribuire”.

Quest’ultimo orientamento si basa su una ricostruzione sistematica della di- sciplina legislativa in materia di condominio per quanto concerne la ripartizione dei poteri tra amministratore e assemblea in tema di spese condominiali.

In sostanza, secondo la semplificazione che si legge nella sentenza della Cassazione n. 10235/2013, può trattarsi di: a) “spese necessarie relative alla manutenzione ordinaria”;  b) “spese attinenti ad interventi comportanti innovazioni o, comunque, di straordinaria manutenzione”26.

In relazione alle prime la nascita dell’obbligazione coincide con il compimento effettivo dell’attività che comporta la spesa.

L’obbligo del condòmino – sostiene la Cassazione nella sentenza che ha inaugurato l’orientamento in esame – sorge ex lege non appena è compiuto l’intervento che genera la spesa, in quanto tale intervento è effettuato nell’interesse della collettività dei condòmini in base ad una valutazione dell’amministratore del condominio, che è l’organo cui spetta per legge il relativo potere, posto che tra le sue attribuzioni vi è appunto quella di “erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni”, come testualmente stabilisce l’art. 1130, primo comma, n. 3), c.c.

In relazione, invece, alle spese concernenti interventi comportanti innovazioni o, comunque, di straordinaria manutenzione, la delibera assembleare ha valore costitutivo dell’obbligazione, poiché è rimesso all’assemblea dei condòmini valutare sia la necessità della spesa sia di determinarne i limiti qualitativi e quantitativi.

Ne consegue, dunque, che in questi casi è obbligato al pagamento il proprietario dell’unità immobiliare in condominio al momento dell’adozione della delibera.

Quanto alle caratteristiche di tale atto collegiale, la Cassazione ha chiarito che deve trattarsi non di una determinazione meramente programmatica o interlocutoria, nella quale l’assemblea manifesti soltanto una generica volontà in merito all’esecuzione di determinati lavori di manutenzione straordinaria, ma di una delibera in cui la stessa effettivamente si determini a commissionare i lavori in questione individuandone l’entità e la natura nonché le conseguenti spese; e, di recente, in modo ancor più netto, la Suprema Corte ha stabilito che la delibera in esame “deve in ogni caso determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta” o le opere da compiersi e il corrispettivo dei lavori.

 

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IPOTECA GIUDIZIALE PER UN VALORE ECCEDENTE IL CREDITO VANTATO – Cass. – Civ. Sez. 39441/21

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La Corte di Cassazione si è pronunciata riguardo il delicato, quanto discusso, argomento della responsabilità del creditore che avesse fatto gravare sui cespiti del debitore ipoteca giudiziale per un valore eccedente il credito vantato, valutando che il primo è chiamato a rispondere dei danni ingiusti cagionati, ribaltando e dando fine all’orientamento giuridico che invece avallava fino ad oggi la tesi opposta.

Il caso si presenta a seguito di uno scoperto del conto corrente ordinario detenuto da una società, provvista di garante tramite fideiussione, presso una determinata banca, la quale, dopo aver fatto domanda e ottenuto l’iscrizione di ipoteca giudiziale, chiedeva per vie legali di onorare il debito.

Dalla sentenza del Tribunale di Arezzo si è proseguiti al secondo livello di giudizio per approdare, infine, al più alto grado presso la Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi circa la legittimità e corretta interpretazione delle leggi, interposte dalla Corte d’Appello di Firenze come motivo di rigetto della domanda del debitore affinché, in luogo dell’eccessivo e spropositato valore ipotecario rispetto al debito, non solo fosse ridimensionato ma fossero riconosciuti i consistenti danni su questo gravanti, palesati dal danno d’immagine verso gli istituti bancari e l’impossibilità  di continuare la propria attività professionale per l’ipoteca pendente sull’intero compendio immobiliare posseduto, che ha prodotto con effetto domino altre iscrizioni da parte di altri istituti a causa della diminuizione delle garanzie fornite per altri finanziamenti.

Di fatto, i giudici di legittimità, smantellano pezzo dopo pezzo le ragioni dei giudici di merito, rinviando a questi le linee guida sulle quali dovrebbe basarsi il corretto giudizio, in accordo con le leggi in vigore e la volontà del legislatore.

Il punto focale del diverbio, verte sulla corretta interpretazione del dispositivo giuridico schierato dalla Corte d’Appello che sembrerebbe, da questa, essere stato completamente ed inspiegabilmente interpretato in modo contrario a quello giusto.

Essa infatti sostiene che:

  1. La legge non si esprime riguardo la responsabilità per “atto illecito” di colui che iscriva ipoteca giudiziale in maniera esuberante e tale fatto non ne implica automaticamente il consenso poiché questo deve essere inequivocabilmente dichiarato in maniera esplicita dal sistema delle leggi in vigore.
  2. È riconosciuto al creditore il diritto di estendere l’ipoteca anche oltre il fine della garanzia (artt. 2740, 2828, 2877, 1948, 1986, 2028)
  3. Il debitore ha l’obbligo di adempiere con tutti i suoi beni presenti e futuri
  4. Il creditore ha ampia facoltà di cautelarsi mediante l’ipoteca giudiziale su qualunque dei beni immobili appartenenti al debitore
  5. L’onere delle spese della riduzione ipotecaria è sempre a carico del debitore in caso di eccedenza del valore dei beni rispetto al credito vantato (Cass. 3/11/1961 n. 2548, Cass. 24/7/1926 n.2632).

Orbene, in primo luogo viene fatto notare che le ragioni presentate dalla difesa del garante non sono state prese in considerazione poiché erroneamente considerate ininfluenti al fine della decisione ultima sulla questione, quando invero esse nel loro insieme manifestano tutta la loro pertinenza difensiva anche per quanto riguarda l’accettazione del ricorso in Cassazione: artt 1225, 1227, 2043, 2056, 2697 del Codice Civile e artt. 96, 360 del Codice di Procedura Civile.

Dibatte quindi, punto per punto le motivazioni dei giudici di merito contestando quanto segue:

a.1/e.1) Se da un lato è pur vero che gli articoli menzionati non fanno riferimento allo “specifico” (species), è altrettanto vero che la responsabilità processuale si ravvisa in termini “generali” (genus) così come risulta dagli artt. 2043 sull’illecito aquiliano e 2877 c.c. che pone le spese accessorie a carico del richiedente la riduzione ipotecaria, a meno che, la riduzione abbia luogo per eccesso nella determinazione del credito fatta dal creditore, nel qual caso sono a carico di quest’ultimo.

Inoltre, si osserva che secondo lo stesso art. 96 c.p.c., se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice la condanna oltre che alle spese, al risarcimento dei danni.

b.1/c.1) osservando la natura prettamente accessoria delle spese di riduzione dell’ipoteca rispetto ai crediti vantati ne consegue che non si possa ignorare la necessaria correlazione tra credito, importo iscritto e valore dei beni, invitando conseguentemente a procedere all’iscrizione ipotecaria con la cautela riconosciuta dalla stessa sentenza Cass. 5/4/2016 n. 6533 (È abuso del diritto iscrivere l’ipoteca sui beni del debitore per un valore che supera di un terzo il credito), dall’art 2874 c.c. e 2875 c.c. (si deve ridurre l’ipoteca se la somma determinata dal creditore nell’iscrizione ecceda di un quinto quella che l’autorità giudiziaria dichiara dovuta).

Tali sentenze e articoli danno quindi anche una dimensione quantitativa riguardo i limiti del valore ipotecario da iscrivere, non potendosi così configurare nel caso concreto la buona fede o almeno quel comportamento improntato alla prudenza e alla diligenza da parte del creditore che proceda con esuberante iscrizione (art. 1175 c.c.).

d.1) Se dunque è vero che il creditore ha ampia facoltà di cautelarsi mediante l’ipoteca giudiziale su qualunque dei beni immobili appartenenti al debitore, è anche vero che l’iscrizione non può avere in oggetto beni che superino la dimensione quantitativa stabilita secondo legge. Il creditore ha pertanto l’onere di ragguagliarsi circa il valore di mercato dei beni da iscrivere ad ipoteca laddove da tale mancanza si potrebbe raffigurare il danno cagionato per mala fede o imprudenza.

Tale è la differenza tra il valore d’iscrizione nel caso concreto (€30.000.000) e il credito vantato (€110.000) da potersi configurare la responsabilità da illecito processuale per aver abusato del diritto di agire o resistere in giudizio (regolamentato dalla recente norma generale per “lite temeraria” e sentenza Cass. 5/4/2016 n. 6533).

Configurata la responsabilità da illecito processuale, la Suprema Corte fornisce delle indicazioni riguardo l’accertamento e la quantificazione del danno subito dal debitore.

A tal proposito evoca la passata sentenza Cass. 20/11/2018 n. 29829 secondo la quale il danno deve essere risarcibile a prescindere dalla prova, in quanto, deve essere desunto dalla ragionevole maggiore probabilità che questo si sia concretizzato rispetto alla probabilità contraria (regola del “più probabile che non”).

Finisce col dare indicazioni riguardo l’entità del danno per “perdita di chances” che deve essere stabilita in via equitativa (Cass. 9/3/2018 n. 5641).

In definitiva, un abuso dello strumento d’impugnazione per iscrizione d’ipoteca giudiziale spropositato rispetto al credito vantato, non solo dà diritto al debitore di chiedere il risarcimento dei danni subiti ma non ha nemmeno l’incombenza di doverli provare né di dover provare l’entità dal punto di vista quantitativo monetario. Le spese accessorie per la domanda di ridimensionamento del valore ipotecario iscritto, inoltre, restano a carico del creditore.

Bonus edilizi: il Governo frena – Fine dello sconto in fattura e cessione crediti

Con il Decreto-Legge del 16 febbraio 2023 n. 11, il Governo pone fine alle due opzioni previste dal Decreto Rilancio (convertito in legge il 17 luglio 2020).

Dal 17 febbraio 2023, non sarà più possibile usufruire dello sconto in fattura di una percentuale delle spese e della cessione del credito d’imposta.

Il Governo, infatti, ha bloccato la facoltà d’esercizio delle opzioni per ogni tipologia di agevolazioni edilizie. In dette agevolazioni rientrano superbonus, ecobonus, sismabonus, bonus ristrutturazioni, bonus barriere architettoniche ed altri relativi alla riqualificazione energetica.

La deroga viene concessa per gli interventi edilizi già in corso e quelli la cui Cila è già stata consegnata all’Agenzia delle Entrate. La deroga è concessa anche, nel caso dei soli condomini quando sia stata adottata la delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori.

La novità legislativa si è rivelata un fulmine a ciel sereno in quanto in contrasto con la precedente intenzione del Governo di prorogare fino a marzo i benefici fiscali sopradetti.

Infatti, molti Condomini si trovano ora nella condizione di aver già preso accordi con le aziende edilizie per usufruire del bonus edilizio, pur tuttavia non avendo perfezionato la pratica Cila/Cilas entro l’inaspettato termine del 16 febbraio.

Tuttavia, v’è da osservare che un decreto-legge diviene inefficace nel termine dei 60 giorni se non dovesse nel mentre essere convertito in legge.

Il Parlamento avrà dunque tempo per trovare alternative salvaguardino almeno chi abbia iniziato i lavori senza ancora aver consegnato la Cilla/Cilas entro i nuovi termini stabiliti.

È importante evidenziare che i bonus edilizi non sono stati aboliti ma modificati riguardo alle sole modalità di rimborso.

Modalità consistenti nella detrazione fiscale per mezzo della dichiarazione dei redditi ripartendo il rimborso in più anni e secondo percentuali che variano per tipologia di incentivo.

Una nota positiva è data dal fatto che resta possibile condividere le detrazioni fiscali con i propri congiunti qualsiasi sia il tipo di unione in essere ciascuno nella misura massima della propria capienza fiscale (circolare 34/2008 dell’Agenzia delle Entrate).

Il decreto è stato apparentemente emanato con l’intento di controllare l’ascesa del debito pubblico che, a fine anno 2022, si attestava a 2.762 miliardi di euro mostrando un ulteriore incremento di 84 miliardi rispetto al dato di inizio anno.

Si osserva, tuttavia, che al sistema dei bonus edilizi non può essere imputata la colpa della crescita del debito ma piuttosto alla progettazione del sistema indiscriminato della cessione dei crediti.

Ad oggi non pochi cantieri hanno dovuto fermare i lavori a causa di crediti inesigibili semplicemente per mancanza di fondi da parte dello Stato che si è ritrovato a dover rimborsare 110 miliardi con un preventivo di spesa di 72,3 miliardi.

Non resta che augurarsi che il Governo trovi al più presto una strategia per disincagliare i crediti e permettere alle imprese edili almeno di terminare i lavori bloccati.

Sarà poi necessario procedere ad una revisione del meccanismo della cessione dei crediti e ad un conseguente pieno ripristino dei bonus edilizi.

SUPER CONDOMINIO: come si convoca in assemblea un condominio facente parte di esso?

La tematica è generalmente oggetto di conflitto.

Iniziamo a ricordare che per Super Condominio si intende quando una pluralità di edifici (costituiti o meno in distinti condomini) hanno degli impianti e/o parti comuni.

Quando i partecipanti alla comunione sono complessivamente più di sessanta, ciascun edificio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136 c.c., quinto comma, il proprio rappresentante all’assemblea.

In mancanza del rappresentante, ciascun partecipante alla comunione con ricorso può chiedere all’autorità giudiziaria di nominare il rappresentante del proprio edificio. La diffida ed il ricorso all’autorità giudiziaria è indirizzata al condominio in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini (art 67 disp. att. c.c., comma terzo). La norma è espressamente dichiarata inderogabile dall’art 72 disp. att. c.c.

Riportiamo la vicenda trattata dal Tribunale di Torino n. 3427 del 29 luglio 2022.

un Condominio facente parte del Super Condominio conveniva in giudizio quest’ultimo impugnando la delibera assembleare per i seguenti motivi: “1. Mancato rispetto dei presupposti igienico-sanitari per la convocazione del 22/09/2020; 2. Omessa convocazione di tutti i condomini per l’assemblea del 22/09/2020 e dell’amministratore del Condominio attore; 3. Omessa sottoscrizione del verbale dell’assemblea del 22/09/2020 da parte di tutti i condomini; 4. Approvazione del conto consuntivo gestione ordinaria 2019 senza allegazione dei documenti contabili obbligatori; 5. Approvazione del bilancio preventivo gestione ordinari 2020 alla fine dell’anno 2020 anziché all’inizio; 6. Delibere di cui ai punti 4, 5, 7, 9 dell’ordine del giorno relative a lavori rientranti nella straordinaria amministrazione senza la necessaria convocazione di tutti i condomini. Chiedeva, pertanto, in via preliminare sospendere e nel merito accertare e dichiarare l’annullabilità, nullità, inefficacia di tutte le delibere assembleari assunte in occasione dell’assemblea del Super Condominio”.

Il Tribunale di Torino con la Sentenza in esame ha accolto l’impugnativa di un Condominio rilevando “Si rileva, in punto decadenza dall’azione, che la notifica dell’atto di citazione è intervenuta nel termine di giorni 30 dalla comunicazione della delibera assembleare e pertanto l’impugnazione è da ritenersi tempestiva; in punto improcedibilità per difetto di mediazione, che la mediazione si è conclusa con esito negativo dopo la concessione dei termini alla prima udienza ex art. 5, comma 1 bis, ultimo periodo, d.lgs. n. 28 del 2010. La domanda è, quindi, ammissibile e procedibile. È fondata la domanda nella parte in cui rileva l’annullabilità della delibera assembleare del 22/09/2020 per vizio della convocazione dell’assemblea. Il Condominio Corso xxxxx – Torino fa parte del Super Condominio (o Comprensorio) xxxxxx, il quale comprende ancora gli stabili di: Corso xxxxxx.so; Via xxxxxx; Via xxxxxx; Via xxxxxx. Complessivamente, quindi, il Super Condominio xxxxxxx è composto da 13 stabili per un totale di più di 280 condomini. La disciplina della rappresentanza dei condomini e dei condominii in Assemblea nelle ipotesi di cui all’art 1117 bis c.c. (c.d. super condominio) è quindi la seguente: art 67 co. 3 disp att. c.c. “Nei casi di cui all’articolo 1117 bis del c.c., quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all’assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell’amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine”. La norma è espressamente dichiarata inderogabile dall’art 72 disp att. c.c. Lamenta l’attore che l’amministratore del Supercondominio, Società Amministrazione Condomini xxxx s.r.l., ha omesso di inviare la convocazione dell’assemblea del 22/09/2020 ai singoli condomini di Corso xxxxx. Solo in data 06/10/2020, la società xxxxxx, amministratore del Condominio di Corso xxxxxx, ha ricevuto, a mezzo PEC, il verbale dell’assemblea del 22/09/2020 dal quale risulta l’assenza del Condominio attore. Replica il Super Condominio convenuto che l’art. 3, capo III° del regolamento di condominio del super condominio xxxxxx prevede che ogni stabile facente parte del supercondominio debba nominare un proprio rappresentante definito, dal regolamento, Consigliere di stabile. Tutti gli stabili facenti parte del Supercondominio hanno i loro rappresentanti o consiglieri di stabile mentre la xxxxxx, amministratrice del condominio di Corso xxxxxx, nonostante i numerosi solleciti, si è sempre rifiutata di ottemperare e pertanto tale condominio non ha mai nominato il proprio consigliere. L’inadempimento va quindi ascritto all’amministrazione del condominio attore. Rileva il Giudice che nell’ambito della disciplina del Super Condominio si deve ritenere che qualora non sia nominato il rappresentante del condominio (nel caso di specie il Consigliere di Stabile), né vi abbia provveduto l’Autorità Giudiziaria su ricorso di un condomino o di un rappresentante di un altro condominio l’avviso di convocazione dell’assemblea deve essere inviato a tutti i condomini del condominio inadempiente. Infatti, a fronte del mancato utilizzo dello strumento di semplificazione dello svolgimento dell’Assemblea Super Condominiale e della sua convocazione, previsto al fine di garantire la funzionalità dell’organo deliberativo dell’ente, deve ritenersi che si applichi la regola generale della necessaria convocazione di tutti i condomini. Non rileva l’imputabilità al condominio di Corso xxxxxx dell’inadempimento rispetto al disposto dell’art 67 disp att. c.c. e al regolamento stesso, poiché la nomina del rappresentante poteva essere richiesta all’Autorità Giudiziaria su iniziativa degli altri condominii. Grava sul convenuto, quindi, l’onere di provare di aver inviato tempestivamente ex art 66 disp att. c.c. l’avviso di convocazione dell’assemblea a tutti i condomini del Condominio xxxxxx. La prova sul punto non è stata raggiunta. Solo con la memoria ex art 183 co 6 n. 2 c.p.c. il convenuto ha allegato di aver inviato la convocazione al sig. xxxxxx, rappresentante/consigliere del condominio attore. La circostanza è contestata dal condomino attore che sostiene essere il sig xxxxxx il proprio rappresentante, e comunque ritiene non essere assistita da documentazione che comprovi la regolarità della convocazione dell’assemblea del 22.9.2020. Infatti, il doc 7 di parte convenuta reca un elenco di destinatari di raccomandate, tra i quali figura anche il sig xxxxxx, ma nessuna riferibile alla convocazione dell’assemblea la cui delibera è qui impugnata. Solo con la memoria ex art 183 co 6 n. 3 c.p.c. il convenuto ha allegato di aver inviato la convocazione ai sigg. xxxxxx e xxxxxx, condomini. Il doc. 29 prodotto tardivamente non consente di ritenere provata la circostanza dell’invio e della ricezione della convocazione a due dei diciotto condomini. Quanto agli altri sedici condomini il convenuto nulla prova. È quindi pacifico che la mancata comunicazione a tutti i condomini del condominio di Corso xxxxxx, o al rappresentante/consigliere del condominio attore, della data fissata per l’assemblea e del relativo ordine del giorno implica un’ipotesi di contrarietà alla legge, ai sensi dell’art 1137 c.c. della deliberazione assembleare del 22/09/2020. La mancata comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale, in quanto vizio procedimentale, comporta l’annullabilità della delibera condominiale (Cass. S.U. n. 4806/2005). Non si esaminano gli ulteriori profili di annullabilità della delibera per il principio della ragione più liquida (Cass. n. 30745/2019) dovendo il Super Condominio provvedere a riconvocare l’assemblea per deliberare sul medesimo ordine del giorno con la partecipazione necessaria dei condomini o del rappresentante del Condominio di corso Venezia n. 3. 3. Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico del convenuto soccombente e liquidate ex dm 55/2014 per le cause di valore indeterminato basso ai valori prossimi ai medi stante la semplicità della questione trattata per le quattro fasi, con eccezione della fase istruttoria al minimo perché non espletata (salvo il deposito delle memorie ex art 183 co. 6 c.p.c.).”

Fognature e rete fognaria nel condominio

La Cassazione ha chiarito l’attribuzione di chi aspetta la ripartizione della braga di innesto alla colonna condominiale

Convocazione assemblea: Unità abitative oggetto di comunione legale tra coniugi

L’amministratore di condominio deve inviare l’avviso di convocazione ad entrambi i coniugi in comunione del bene.

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